La Riforma Istruzioni per l'uso
Co-programmazione e Co-progettazione
COS'È
La co-programmazione e la co-progettazione sono modalità di relazione tra enti pubblici e Terzo settore ispirate al principio di collaborazione. L’ente del Terzo settore (Ets) si caratterizza infatti per lo svolgimento di attività di interesse generale che lo rendono omologo per finalità all’ente pubblico: per questo motivo sono previste forme di relazione tra i due soggetti che non presuppongano, come nel caso dei soggetti di mercato, interessi diversi e contrapposti, ma un partenariato per perseguire insieme una finalità condivisa.
Co-programmazione e co-progettazione sono quindi modalità concrete con cui enti pubblici e Terzo settore possono operare insieme per perseguire uno scopo condiviso nei settori di attività di interesse generale.
Ciò avviene mantenendo la piena trasparenza dei rapporti e la necessità di trattare in modo uniforme i soggetti che entrano in relazione con la pubblica amministrazione, da individuare attraverso bandi pubblici e sulla base di criteri coerenti con l’obiettivo da perseguire.
CO-PROGRAMMAZIONE
“È finalizzata all'individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili”; è quindi il momento in cui il Terzo settore può partecipare a pieno titolo alla formazione delle politiche pubbliche, portando la propria capacità di lettura.
CO-PROGETTAZIONE
“È finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti” sulla base degli strumenti di co-programmazione prima richiamati.
L’esito di questo processo può anche consistere in forme di accreditamento, con la costituzione di un albo aperto di soggetti con cui un ente pubblico può stabilmente collaborare su specifici interventi. Tale modalità di relazione richiede una non irrilevante evoluzione da parte dei soggetti coinvolti. Gli enti pubblici sono chiamati a suscitare, integrare, coordinare un insieme differenziato di risorse, anziché a gestire in proprio o attraverso fornitori. Agli enti del Terzo settore è richiesta la capacità di assumere nuove responsabilità pubbliche, e la capacità di vedere oltre ai confini della propria organizzazione.
COME FUNZIONA
Per tutelare la trasparenza a garanzia dell’uniformità di trattamento, per la co-programmazione, la co-progettazione e conseguente gestione, le pubbliche amministrazioni devono indire bandi pubblici per definire chi siano gli enti del Terzo settore ammessi a contribuire alle politiche pubbliche. In tali bandi viene pertanto richiesto, oltre che di comprovare di essere un Ets, di essere in possesso dei requisiti di onorabilità che autorizzano a intrattenere i rapporti con le amministrazioni e di competenze specifiche sui temi oggetto di co-programmazione o co-progettazione. Viene inoltre generalmente richiesto un elaborato iniziale con idee e proposte, così da selezionare soggetti in grado di contribuire adeguatamente al lavoro dei tavoli.
Il bando deve inoltre specificare quale sarà il meccanismo di funzionamento di questi ultimi e, se si tratta di co-progettazione cui segue l’effettiva implementazione degli interventi, quali sono le risorse pubbliche messe a disposizione e con quali criteri e modalità verranno attribuite.
Gli incontri devono essere verbalizzati a garanzia della trasparenza, sino ad un verbale conclusivo che raccoglie le decisioni assunte.
Ad esito dei bandi si seleziona il soggetto o l’insieme dei soggetti di Terzo settore che ha titolo a lavorare insieme alla pubblica amministrazione o per condividere la lettura dei bisogni e delle risorse e delle strategie di intervento (co-programmazione) o per progettare e eventualmente, quindi, gestire servizi e interventi coerenti con il quadro prima delineato (co-progettazione).
CHI COINVOLGE/CHI ESCLUDE
I tavoli coinvolgono tutti i soggetti di Terzo settore interessati e aventi i requisiti che ciascun bando prevede. Rispetto alla partecipazione ai tavoli di soggetti diversi – pur non assicurata in forza della legge – le esperienze più diffuse tendono a coinvolgere anche soggetti non di Terzo settore (es. aggregazioni informali di cittadini; soggetti del tessuto economico del territorio) qualora possano contribuire al perseguimento dell’interesse generale.
CASI SPECIFICI
Nel luglio 2018 il Consiglio di Stato, su sollecitazione dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), ha emesso un parere in cui solleva taluni dubbi sulla legittimità degli strumenti illustrati.
La Corte Costituzionale, con la fondamentale sentenza n. 131 pubblicata il 26 giugno 2020, ha dissipato ogni dubbio ed ha definitivamente chiarito che l’art. 55 del Codice Terzo settore costituisce una possibile attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale (art. 118 della Costituzione): la disposizione, infatti, «realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria – strutturando e ampliando una prospettiva che era già stata prefigurata, ma limitatamente a interventi innovativi e sperimentali in ambito sociale (…)». Con essa viene riconosciuto che gli enti pubblici, oltre agli strumenti competitivi (appalti), possono anche ricorrere agli strumenti collaborativi (co-programmazione e co-progettazione), ponendo sullo stesso piano il codice degli appalti e il codice del Terzo Settore, il tutto nel pieno rispetto delle norme eurocomunitarie.
Tale orientamento si è poi riflesso nel percorso di conversione del decreto-legge cosiddetto semplificazioni (decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale): l’art. 8, c.5 innova il Codice dei contratti pubblici (dlgs. n. 50 del 2016), introducendo una serie di misure di coordinamento fra quest’ultimo ed il codice del Terzo settore (dlgs. n. 117 del 2017). Una modifica apparentemente tecnica, ma che ha un impatto ordinamentale notevole, in grado di dare “impulso” ad una attuazione più decisa del principio di sussidiarietà e degli strumenti collaborativi.
OBBLIGHI E DIVIETI
L’individuazione di partner di Terzo settore deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento; in nessun caso quindi la scelta di adottare strumenti collaborativi anziché competitivi può determinare un allentamento degli obblighi in capo alla pubblica amministrazione di dare pubblicità ai bandi o di considerare le proposte di tutti i soggetti che abbiano i requisiti.
COSA CAMBIA/COSA INTRODUCE
Rispetto ai più diffusi strumenti amministrativi collaborativi preesistenti, la riforma introduce alcuni significativi ampliamenti all’ambito di applicazione:
- la normativa precedente riguardava “servizi sperimentali e innovativi”: la riforma estende la co-progettazione senza limitazione a tutte le circostanze, comprese quelle ordinarie;
- l’ambito precedente era quello del welfare, ora si estende a tutti i settori di interesse generali citati dal codice del Terzo settore;
- tutte le amministrazioni pubbliche possono agire iniziative collaborative; quindi ad esempio iniziative di formazione o educazione possono vedere come protagoniste le scuole.
Non ultimo, il codice assegna alle forme collaborative un ruolo di inedito rilievo, tendendo quindi a renderle la modalità normale di rapporto tra enti pubblici e Terzo settore e non, come avviene in normative precedenti, uno strumento utilizzabile sono in circostanze specifiche come i servizi sperimentali e innovativi.
NORMATIVA E ATTI DI RIFERIMENTO
Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 “Codice del Terzo settore”: art. 55
Costituzione italiana: art. 118 (Principio di sussidiarietà)
Sentenza della Corte Costituzionale del 26 giugno 2020 n. 131/2020
Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76
ABROGAZIONI
La disposizione non abroga normative precedenti su materie simili ma al contrario le richiama esplicitamente – in primo luogo la programmazione sociale di zona ex lege 328/2000 – facendone così un caso specifico entro l’impianto più esteso della riforma.
In una diversa luce ciò va sottolineato anche perché, se alcuni aspetti della normativa dovessero essere incrinati da pronunciamenti successivi, tutti gli strumenti preesistenti (ad esempio le istruttorie di co-progettazione regolate dal dpcm).
ENTRATA IN VIGORE
La normativa non prevede successivi passaggi attuativi ed è dunque pienamente vigente.
La scheda è aggiornata al 12 dicembre 2020.
COS'È
La co-programmazione e la co-progettazione sono modalità di relazione tra enti pubblici e Terzo settore ispirate al principio di collaborazione. L’ente del Terzo settore (Ets) si caratterizza infatti per lo svolgimento di attività di interesse generale che lo rendono omologo per finalità all’ente pubblico: per questo motivo sono previste forme di relazione tra i due soggetti che non presuppongano, come nel caso dei soggetti di mercato, interessi diversi e contrapposti, ma un partenariato per perseguire insieme una finalità condivisa.
Co-programmazione e co-progettazione sono quindi modalità concrete con cui enti pubblici e Terzo settore possono operare insieme per perseguire uno scopo condiviso nei settori di attività di interesse generale.
Ciò avviene mantenendo la piena trasparenza dei rapporti e la necessità di trattare in modo uniforme i soggetti che entrano in relazione con la pubblica amministrazione, da individuare attraverso bandi pubblici e sulla base di criteri coerenti con l’obiettivo da perseguire.
CO-PROGRAMMAZIONE
“È finalizzata all'individuazione dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili”; è quindi il momento in cui il Terzo settore può partecipare a pieno titolo alla formazione delle politiche pubbliche, portando la propria capacità di lettura.
CO-PROGETTAZIONE
“È finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti” sulla base degli strumenti di co-programmazione prima richiamati.
L’esito di questo processo può anche consistere in forme di accreditamento, con la costituzione di un albo aperto di soggetti con cui un ente pubblico può stabilmente collaborare su specifici interventi. Tale modalità di relazione richiede una non irrilevante evoluzione da parte dei soggetti coinvolti. Gli enti pubblici sono chiamati a suscitare, integrare, coordinare un insieme differenziato di risorse, anziché a gestire in proprio o attraverso fornitori. Agli enti del Terzo settore è richiesta la capacità di assumere nuove responsabilità pubbliche, e la capacità di vedere oltre ai confini della propria organizzazione.
COME FUNZIONA
Per tutelare la trasparenza a garanzia dell’uniformità di trattamento, per la co-programmazione, la co-progettazione e conseguente gestione, le pubbliche amministrazioni devono indire bandi pubblici per definire chi siano gli enti del Terzo settore ammessi a contribuire alle politiche pubbliche. In tali bandi viene pertanto richiesto, oltre che di comprovare di essere un Ets, di essere in possesso dei requisiti di onorabilità che autorizzano a intrattenere i rapporti con le amministrazioni e di competenze specifiche sui temi oggetto di co-programmazione o co-progettazione. Viene inoltre generalmente richiesto un elaborato iniziale con idee e proposte, così da selezionare soggetti in grado di contribuire adeguatamente al lavoro dei tavoli.
Il bando deve inoltre specificare quale sarà il meccanismo di funzionamento di questi ultimi e, se si tratta di co-progettazione cui segue l’effettiva implementazione degli interventi, quali sono le risorse pubbliche messe a disposizione e con quali criteri e modalità verranno attribuite.
Gli incontri devono essere verbalizzati a garanzia della trasparenza, sino ad un verbale conclusivo che raccoglie le decisioni assunte.
Ad esito dei bandi si seleziona il soggetto o l’insieme dei soggetti di Terzo settore che ha titolo a lavorare insieme alla pubblica amministrazione o per condividere la lettura dei bisogni e delle risorse e delle strategie di intervento (co-programmazione) o per progettare e eventualmente, quindi, gestire servizi e interventi coerenti con il quadro prima delineato (co-progettazione).
CHI COINVOLGE/CHI ESCLUDE
I tavoli coinvolgono tutti i soggetti di Terzo settore interessati e aventi i requisiti che ciascun bando prevede. Rispetto alla partecipazione ai tavoli di soggetti diversi – pur non assicurata in forza della legge – le esperienze più diffuse tendono a coinvolgere anche soggetti non di Terzo settore (es. aggregazioni informali di cittadini; soggetti del tessuto economico del territorio) qualora possano contribuire al perseguimento dell’interesse generale.
CASI SPECIFICI
Nel luglio 2018 il Consiglio di Stato, su sollecitazione dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), ha emesso un parere in cui solleva taluni dubbi sulla legittimità degli strumenti illustrati.
La Corte Costituzionale, con la fondamentale sentenza n. 131 pubblicata il 26 giugno 2020, ha dissipato ogni dubbio ed ha definitivamente chiarito che l’art. 55 del Codice Terzo settore costituisce una possibile attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale (art. 118 della Costituzione): la disposizione, infatti, «realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell’azione sussidiaria – strutturando e ampliando una prospettiva che era già stata prefigurata, ma limitatamente a interventi innovativi e sperimentali in ambito sociale (…)». Con essa viene riconosciuto che gli enti pubblici, oltre agli strumenti competitivi (appalti), possono anche ricorrere agli strumenti collaborativi (co-programmazione e co-progettazione), ponendo sullo stesso piano il codice degli appalti e il codice del Terzo Settore, il tutto nel pieno rispetto delle norme eurocomunitarie.
Tale orientamento si è poi riflesso nel percorso di conversione del decreto-legge cosiddetto semplificazioni (decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, recante Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale): l’art. 8, c.5 innova il Codice dei contratti pubblici (dlgs. n. 50 del 2016), introducendo una serie di misure di coordinamento fra quest’ultimo ed il codice del Terzo settore (dlgs. n. 117 del 2017). Una modifica apparentemente tecnica, ma che ha un impatto ordinamentale notevole, in grado di dare “impulso” ad una attuazione più decisa del principio di sussidiarietà e degli strumenti collaborativi.
OBBLIGHI E DIVIETI
L’individuazione di partner di Terzo settore deve avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento; in nessun caso quindi la scelta di adottare strumenti collaborativi anziché competitivi può determinare un allentamento degli obblighi in capo alla pubblica amministrazione di dare pubblicità ai bandi o di considerare le proposte di tutti i soggetti che abbiano i requisiti.
COSA CAMBIA/COSA INTRODUCE
Rispetto ai più diffusi strumenti amministrativi collaborativi preesistenti, la riforma introduce alcuni significativi ampliamenti all’ambito di applicazione:
- la normativa precedente riguardava “servizi sperimentali e innovativi”: la riforma estende la co-progettazione senza limitazione a tutte le circostanze, comprese quelle ordinarie;
- l’ambito precedente era quello del welfare, ora si estende a tutti i settori di interesse generali citati dal codice del Terzo settore;
- tutte le amministrazioni pubbliche possono agire iniziative collaborative; quindi ad esempio iniziative di formazione o educazione possono vedere come protagoniste le scuole.
Non ultimo, il codice assegna alle forme collaborative un ruolo di inedito rilievo, tendendo quindi a renderle la modalità normale di rapporto tra enti pubblici e Terzo settore e non, come avviene in normative precedenti, uno strumento utilizzabile sono in circostanze specifiche come i servizi sperimentali e innovativi.
NORMATIVA E ATTI DI RIFERIMENTO
Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 “Codice del Terzo settore”: art. 55
Costituzione italiana: art. 118 (Principio di sussidiarietà)
Sentenza della Corte Costituzionale del 26 giugno 2020 n. 131/2020
Decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76
ABROGAZIONI
La disposizione non abroga normative precedenti su materie simili ma al contrario le richiama esplicitamente – in primo luogo la programmazione sociale di zona ex lege 328/2000 – facendone così un caso specifico entro l’impianto più esteso della riforma.
In una diversa luce ciò va sottolineato anche perché, se alcuni aspetti della normativa dovessero essere incrinati da pronunciamenti successivi, tutti gli strumenti preesistenti (ad esempio le istruttorie di co-progettazione regolate dal dpcm).
ENTRATA IN VIGORE
La normativa non prevede successivi passaggi attuativi ed è dunque pienamente vigente.
La scheda è aggiornata al 12 dicembre 2020.